domenica 4 giugno 2017

L'Europa della guerra fredda

Per i ragazzi delle classi quinte.

Per comprendere l'Europa dei blocchi contrapposti (il cosiddetto bipolarismo) è necessario conoscere la carta politica di allora!!
Vi allego dunque una cartina, che mi sembra molto chiara.

Nella cartina è indicata con un tratto rosso la linea di confine detta "cortina di ferro". Con il termine CORTINA DI FERRO, tratto dall'espressione inglese iron curtain (utilizzata in un discorso del 1946 dal premier inglese Winston Churchill), si indica  la linea di confine che divise l'Europa in due zone separate dalla fine della seconda guerra mondiale alla fine della guerra fredda.
Ad Est della cortina sono i paesi della vecchia Europoa centrale e orientale legati all'URSS e al suo modello politico-sociale (soprattutto dopo il Trattato o Patto di Varsavia del 1955); 
ad Ovest quelli legati agli Stati Uniti e in gran parte aderenti alla NATO (North Atlantic Treaty Organization) organizzazione tra gli Stati occidentali sorta a Washington nel 1949.
Il Patto di Varsavia si è sciolto dopo la caduta del muro di Berlino, la NATO è ancora operante e comprende 28 stati, tra cui l'Italia

S.N.

L'Europa nel 1955 (quando fu stipulato il Patto di Varsavia) 

mercoledì 31 maggio 2017


PERCHE' IL DIRITTO ?
Aristotele diceva che l'uomo è un animale politico cioè la solitudine lo fa soffrire. Ha un bisogno sia fisico che spirituale di vivere insieme agli altri. Ciò determina la nascita di gruppi. All'interno di tali formazioni però, per forza, si creano dei conflitti di interessi .Questi attriti fra consociati spingono senza dubbio alla violenza lasciando al singolo consociato di difendere i propri interessi in base alle sue capacità fisiche o intellettuali usando di conseguenza le armi che soggettivamente ritiene più idonee.
Occorre quindi qualcosa che mantenga la pacifica convivenza e armonizzi il più possibile gli interessi primari in relazione a quelli collettivi.
Ecco spiegata la necessita' del diritto.
Il Diritto detta le regole di comportamento e di organizzazione in vista degli interessi collettivi cercando così di ottenere la pacifica convivenza.
E' evidente che quanto migliori sono queste regole tanto piu' armoniosa e pacifica sarà la convivenza e la soddisfazione dell'individuo il quale non si lamenterà dei suoi sacrifici quando vede che la contropartita è un bene per lui prezioso.
Insomma le regole dettate dal diritto costituiscono l'ossatura portante delle società. Se si vuole cambiare la società bisogna cambiare la sua struttura, se si vuole cambiare la struttura bisogna cambiare il Diritto.
Il grado di civiltà di una società si misura dall'evoluzione del suo Diritto.
Ma non basta che ci siano regole buone bisogna pure che le stesse vengano rispettate e che quindi funzioni bene il sistema che controlla l'osservanza delle regole e che in caso di trasgressione vi sia una punizione.
L'associato e' costretto ad ubbidire.
Questo carattere (OBBLIGATORIETA' DELLA NORMA GIURIDICA) costituisce la nota di differenziazione della regola giuridica dalle altre regole della società.
Infatti vi sono altre regole sociali: quelle religiose, morali, di buona educazione, di cortesia e convenienza che non hanno il carattere dell'obbligatorietà.
Anche i precetti religiosi contribuiscono ad attutire i contrasti fra i consociati ma gli stessi non sono obbligatori, non c'e' il timore della punizione, almeno di quella immediata, considerato che la stessa è prevista solo dopo la morte, nè puo' considerarsi punizione l'eventuale rimorso. Il credente è lasciato libero di ubbidire o meno e risponderà delle sue scelte solo dopo morto: non c'e' costrizione ma risposta alla propria coscienza.
E poiche' il precetto religioso trae la sua forza di ubbidienza dalla coscienza, certamente le norme giuridiche risentono e sono permeate del sentimento religioso e comunque della morale del momento.
Allo stesso modo per l'inosservanza delle norme di buona educazione non è prevista nessuna punizione a parte la figuraccia.
Se uno e costretto ad ubbidire alla regola giuridica è evidente che ci deve essere un'autorità che si assume tale funzione.
L'ente che soddisfa il bisogno di avere delle regole di comportamento indirizzate al conseguimento dei fini comuni e che ha l'autorità di farle rispettare è lo Stato.
Quindi lo Stato nasce per esigenza e in contrasto con le società primitive che chiameremmo "semplici" in quanto prive di organizzazioni e soggette alla cd "legge del piu' forte"
Tale esigenza sfocia nella sovranita' cioe' nel potere di imperio (imperium=comando) che ha lo Stato sugli associati cioe' sulla popolazione che e' rappresentata dalle persone che vivono sul suo territorio .
E' evidente che nel tempo lo Stato si e' evoluto ma i suoi elementi essenziali restano:
il popolo, il territorio e la sovranità.
A questo punto possiamo dare la definizione di Stato
STATO = è un insieme di persone (popolo), stanziate su un territorio, che si danno delle regole per l'organizzazione della vita collettiva e sono sottomesse ad una autorità (governo con poteri coercitivi) per il raggiungimento di fini comuni (difesa, ordine pubblico, amministrazione della giustizia, progresso sociale ed economico…)
Va detto che le regole fissano anche i limiti del potere dello Stato.Tutti i suoi organi sono sottoposti alla Legge (stato di diritto).
La sovranità dello Stato si realizza fondamentalmente attraverso l'esercizio di tre poteri: il potere legislativo, esecutivo e giudiziario
NELLO STATO DEMOCRATICO i tre poteri appartengono ad organi separati.
In Italia il potere legislativo (emanazione di norme giuridiche) appartiene al Parlamento, quello esecutivo (attuazione concreta delle norme per consentire il raggiungimento dei fini generali) appartiene al Governo, quello Giudiziario (interpetrazione e applicazione della legge con conseguente applicazione delle sanzioni) alla Magistratura.
Ricapitolando occorrono quindi delle regole di comportamento e delle regole che presiedono alla organizzazione e che specificano anche attraverso la facile intuizione dei principi i fini che intende perseguire la società.
Cioe' non basta soltanto dare degli ordini postivi (devi fare..) o negativi (non devi..) al consociato ma occorre pure indicare il modo di funzionare degli apparati organizzativi, i principi ispiratori e i fini perseguiti.
Allora la definizione di norma va oltre quella limitativa: la norma giuridica non è solo una regola di condotta.
La definizione non esclude dal rango di norma quella che si limita ad enunciare un principio, ad esempio: siamo tutti uguali di fronte alla Legge.
Molto piu' semplicemente esistono norme che contengono solo il precetto (comando), norme che contengono un principio ("L'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro), norme che contengono la sanzione (chi uccide una persona è punita con l'ergastolo o la reclusione...).
L'insieme di tutte queste norme costituiscono l'ordinamento giuridico.
Nella parola ordinamento è contenuta appunto questa idea dell'ordine cioè il fine che si prefigge il diritto che è quello di mettere ordine nei rapporti con le altre persone e con lo stesso Stato.
Se abbiamo un bisogno sia fisico che spirituale di vivere insieme agli altri il diritto è necessario per risolvere per ognuno di noi un grande problema di insicurezza, perchè rende prevedibili i comportamenti delle persone (perchè sottoposti alla regola comune), specie di quelle che non conosciamo perchè non sono nè parenti nè amici e che non hanno nulla in comune con noi.
Cosa succederebbe se, guidando, non fossimo convinti che gli altri conducenti tendenzialmente rispettano le regole del codice della strada (rispettare la destra, non imboccare una strada con divieto di accesso) ? Saremmo sereni o preoccupati ?

Gianfranco Giangualano
UN PRIMO APPROCCIO ALLA SCIENZA ECONOMICA
Come si può facilmente immaginare la scienza economica ha come oggetto lo studio dell'attività economica.

Si tratta di quell'attività umana che ha come fine la soddisfazione dei bisogni.

Il bisogno è una condizione di disagio ovvero l’esigenza di conseguire un determinato stato di soddisfazione da parte di un individuo che avverte la sensazione di un desiderio inappagato.

Purtroppo questa è la condizione di tutti gli esseri viventi. Soddisfare i bisogni è necessario all'uomo per la propria esistenza e per la propria conservazione.

L'attività economica è quindi necessaria ed esiste da sempre, essendo connaturata all'esistenza.

I bisogni possono essere:
  • primari. Necessari alla vita del nostro organismo (es.: mangiare), essi devono essere soddisfatti per primi;
  • secondari. Sono quelli la cui soddisfazione mira al miglioramento dello stile di vita di un individuo (es.: possedere un impianto stereofonico);
  • individuali. Sono i bisogni avvertiti dall’uomo in quanto individuo e sono determinati da fattori soggettivi quali le caratteristiche personali, l’educazione ricevuta e così via;
  • collettivi. Sono quelli avvertiti dall’individuo in quanto membro di una collettività (es.: giustizia ed ordine pubblico).
ed hanno le seguenti caratteristiche:
  • illimitatezza. I bisogni sono molteplici e tendono ad accrescersi con l’evolversi della vita umana;
  • saziabilità. Uno stesso bisogno diminuisce d’intensità via via che si procede alla sua parziale soddisfazione;
  • soggettività. I bisogni variano da individuo a individuo e per uno stesso individuo mutano in rapporto alle circostanze di tempo e di luogo;
  • risorgenza. I bisogni, una volta soddisfatti, tendono, dopo un periodo di tempo, a ripresentarsi nuovamente (es.: appetito);
  • urgenza. I bisogni possono avere un grado variabile di urgenza determinato dalle necessità contingenti dell’individuo.
I bisogni sono quindi il movente dell'attività economica.

I BENI sono l'oggetto dell'attività stessa.

Sono beni tutte le cose materiali ed anche immateriali (servizi) che sono idonee a soddisfare i bisogni. Questa caratteristica dei beni, come vedremo, si chiama utilità.

Non tutti i beni però sono oggetto di attività economica o, più semplicemente, non tutti i beni sono economici.

Per attribuire ai beni il connotato dell'economicità occorrono quattro condizioni:

  1. l'esistenza di un bisogno;
  2. la conoscenza di un mezzo capace di soddisfarlo;
  3. l'accessibilità del mezzo, ossia l'effettiva possibilità di utilizzarlo;
  4. la disponibilità limitata del bene stesso.
L'aria atmosferica è un bene, ma non è un bene economico, perché è disponibile in quantità illimitata. Il ferro che forse esiste su Marte non è un bene economico, perché non accessibile.

Classificazione dei beni
  • beni riproducibili. Che possono essere oggetto di nuova produzione (es. elettrodomestici);
  • beni non riproducibili. Che non possono essere oggetto di nuova riproduzione (es. una scultura di Michelangelo);
  • beni diretti (o di consumo). Essi risultano immediatamente idonei al consumo (e di conseguenza alla soddisfazione immediata del bisogno) nello stesso momento in cui vengono offerti al consumatore. Costituiscono esempi di beni diretti (o di consumo) il pane, i cibi, i vestiari, l’arredamento etc.;
  • beni indiretti (o strumentali). Si usano solo per la produzione di altri beni. Ciò che importa notare è che, in molti casi, accade che un certo bene possa essere diretto o indiretto secondo il modo in cui viene usato. Così l’automobile è un bene diretto per chi la usa per le gite, ed un bene indiretto per il trasportatore, commesso viaggiatore e chi la usa per lavoro;
  • beni primari. Sono quelli necessari alla vita di ogni individuo in quanto soddisfano i bisogni primari (es. pane, indumenti etc.);
  • beni voluttuari. Sono quei beni atti a soddisfare bisogni non primari quali, ad esempio, la comodità e l’ostentazione (elettrodomestici, beni di lusso etc.).
  • beni materiali. Sono quelli che hanno una consistenza fisica e che possiamo percepire con i sensi (es. pane, vino, abiti etc.);
  • beni immateriali. Sono quei beni (come i brevetti, la consulenza di un professionista, i diritti d’autore) che non hanno consistenza materiale;
  • beni complementari. Sono quelli che si usano congiuntamente per soddisfare un unico bisogno (come l’automobile e la benzina o il caffè e lo zucchero);
  • beni succedanei (o concorrenti o surrogati). Sono quelli che possono essere sostituiti gli uni con gli altri nella soddisfazione del bisogno (come il caffè e l’orzo o il burro e la margarina);
  • beni ad offerta congiunta. Si ottengono forzatamente dallo stesso processo produttivo. Ad esempio, chi coltiva il grano produce necessariamente anche la paglia. In altre parole, i beni congiunti sono quelli che non si possono produrre se non insieme ad altri;
  • beni concorrenti nell’offerta. Sono quei beni che, derivando dallo stesso processo produttivo possono essere prodotti solo alternativamente, vale a dire la produzione di uno esclude la produzione dell'altro o di altri beni. Infatti, se aumenta la quantità prodotta di un bene, la quantità prodotta dell’altro bene dovrà necessariamente essere ridotta. Ad esempio, se sul medesimo terreno si producono ortaggi e grano, volendo incrementare la produzione dei primi occorrerà ridurre quella del secondo.
Sulla base di quanto abbiamo fin qui detto possiamo affermare che l'attività economica è una continua attività di scelta che sorge dalla scarsità dei beni in relazione alla molteplicità dei bisogni, una molteplicità che paradossalmente tende ad aumentare man mano che i beni disponibili aumentano.

Bisogna scegliere continuamente quali bisogni soddisfare, in quanto i beni disponibili non sono mai sufficienti a soddisfarli tutti ed il loro uso è alternativo, nel senso che se un bene lo uso per soddisfare un bisogno non posso utilizzarlo per soddisfarne anche un altro.

Di fronte a questo dilemma l'uomo come si comporta?

Normalmente applicando il principio del massimo risultato o del minimo mezzo: cioè, considerati beni che abbiamo a disposizione li usiamo in modo da soddisfare il maggior numero di bisogni ovvero, cerchiamo di soddisfare i nostri bisogni utilizzando la minor quantità di beni possibile.

Possiamo porci ora un altro problema.

I beni da utilizzare per soddisfare i bisogni come li otteniamo?

Il fine ultimo dell'attività economica - abbiamo detto - è la soddisfazione dei bisogni e i bisogni si soddisfano utilizzando i beni. Questo si chiama CONSUMO.

E' possibile consumare beni che non siano stati prima prodotti? Intuitivamente la risposta non può essere che negativa. Questo significa che PRODUZIONE e CONSUMO sono due momenti in cui necessariamente si articola l'attività economica, da sempre.

Ma cos'è la PRODUZIONE?

La produzione è quell'attività umana consistente nella trasformazione della materia nella forma, nella sostanza, nello spazio e nel tempo per dare alla stessa materia un'utilità che precedentemente non aveva o aveva in misura minore.
  • La trasformazione della materia nella forma fa riferimento all'attività manifatturiera (ad es. un falegname trasforma nella forma il legno);
  • La trasformazione della materia nella sostanza riguarda tutte quelle attività che in qualche maniera attengono alle trasformazioni chimiche, dalle più semplici e tradizionali a quelle più complicate e industriali (ad es. trasformazione dell'uva in vino, del latte in formaggio, la raffinazione del petrolio ecc.);
  • La trasformazione della materia nello spazio fa riferimento all'attività di trasporto con la quale si rende disponibile un bene in un posto diverso dalla sua produzione;
  • La trasformazione della materia nel tempo fa riferimento all'attività di conservazione con la quale si rende disponibile un bene in un periodo diverso da quello in cui è stato prodotto.
Come si fa a produrre? Cosa ci vuole per produrre?

Per produrre è necessario l'impiego di quelle risorse umane o materiali che chiamiamo FATTORI DELLA PRODUZIONE. Questi devono essere impiegati insieme per produrre, devono essere cioè combinati.

Alcuni di questi sono sempre esistiti, perciò si dicono originari e sono:
  1. natura. È l'insieme degli elementi che non derivano dall'opera dell'uomo. Sono tali la terra, sia come superficie dove si impiantano le attività di produzione, sia come terreno per l'attività agricola, le risorse naturali e le fonti energetiche.
  2. lavoro. Ogni sforzo umano, manuale o intellettuale, che ogni individuo mette a disposizione partecipando ad un'attività produttiva in proprio (lavoro autonomo) o per conto di altri (lavoro subordinato).
Questi due fattori sono quelli che sono stati utilizzati dai primi esseri umani per l'attività di produzione più semplice che consiste nella semplice raccolta dei frutti spontanei della natura. Già, perché seppure la natura dà spontaneamente dei frutti, senza l'attività di raccolta dell'uomo (lavoro) non sono disponibili per soddisfare i bisogni (consumo). Questo conferma quanto abbiamo detto: non è possibile consumare un bene che non sia frutto di un'attività di produzione, anche la più semplice, che ha bisogno comunque di combinare insieme almeno i due fattori originari, la natura e il lavoro.
  1. capitale. È fattore derivato dalla combinazione dei due fattori originari. Si stratta infatti di beni materiali (utensili, attrezzature, macchinari, impianti, ecc.) che provengono da precedenti processi di trasformazione e vengono reimpiegati un altro processo produttivo.
  2. Stato. Lo Stato è fattore produttivo perché necessario alla produzione. Anche il solo perseguimento dei fini istituzionali (difesa, ordine pubblico, giustizia) sarebbe sufficiente a far ritenere l'attività dello Stato necessaria anche per lo svolgimento dell'attività produttiva del solo settore privato. Ma lo Stato fa molto altro a sostegno della produzione: ad esempio costruisce le infrastrutture, cura la formazione culturale e professionale dei lavoratori (tutte attività cui altrimenti le imprese private dovrebbero provvedere in proprio, sopportando ingenti costi e non senza difficoltà.
  3. capacità organizzativa. Attività di coordinamento degli altri fattori produttivi svolta dall'imprenditore. Questo è l'ultimo fattore produttivo che si è venuto a creare in ordine di tempo e va fatto risalire al periodo della rivoluzione industriale, caratterizzata principalmente dalla divisione del lavoro.

La divisione del lavoro è resa possibile proprio dalla figura dell'imprenditore, la cui attività consiste nell'organizzazione dei fattori produttivi e, in particolare, del lavoro subordinato.


martedì 25 aprile 2017

E-commerce prof.ssa Borghi

E-commerce

Le développement du commerce : du traditionnel au digital.
DEFINITION
Le commerce électronique ou e-commerce, est l’utilisation du réseau internet à travers un moyen électronique pour la vente ou l’achat en ligne de biens ou services. Le concept de e-commerce englobe aussi les catalogues électroniques, les conseils aux clients, la gestion en temps réel de la disponibilité des produits, les paiements en ligne, le suivi de la livraison et le service après-vente. Ces transactions se produisent soit business to business(B2B), business to consumers(B2C), consumers to consumers(C2C) ou consumers to business(C2B). Les termes d’e-commerce et e-business sont souvent utilisés de manière interchangeable.
HISTOIRE 

Apparu dans les années 1980, l’e-commerce s’est surtout développé à la fin des années 1990 avec l’apparition des paiements en ligne et la démocratisation de l’accès dans les foyers. L’e-commerce a vu renforcer son succès dans les dernières années. Les avantages de l’e-commerce comprennent sa disponibilité autour de l’horloge, la vitesse d’accès, une sélection plus large de produits et services, l’accessibilité et la portée internationale. Ses inconvénients perçus comprennent service à la clientèle parfois limitée, ne pas avoir la possibilité de toucher un produit avant de l’acheter, et nécessité du temps  d’atteinte pour l’expédition du produit. Pour assurer la sécurité, la confidentialité et l’efficacité de l’e-commerce, les entreprises doivent authentifier les transactions commerciales, vérifier l’accès aux ressources telles que les pages Web pour les utilisateurs enregistrés ou sélectionnés, les communications de crypter et de mettre en œuvre des technologies de sécurité. L’ e-commerce sera toujours plus utilisé ne représentera pas une menace pour le commerce traditionnel, c’est-à-dire pour les magasins, et il ne prendra pas leur place. Beaucoup d’études, en effet, ont révélé que commerce traditionnel et commerce digital sont complémentaires et en synergie entre eux.

mercoledì 19 aprile 2017

LE LEGGI RAZZIALI IN ITALIA E IN GERMANIA

Per gli alunni delle classi quinte.


Le leggi razziali fasciste sono un insieme di provvedimenti legislativi e amministrativi che furono applicati  tra il 1937 e il 1945 prima dal regime fascista, poi dalla Repubblica Sociale Italiana. Furono rivolte soprattutto contro le persone di religione ebraica, ma non solo. Furono lette pubblicamente da Mussolini dal balcone del municipio di Trieste il 18 settembre 1938. Furono abrogate dal Regno del Sud nel gennaio del 1944, nel nord dopo la liberazione dal nazifascismo..
Il contenuto è ben esposto in questa scheda curata dal Museo diffuso della Resistenza, dove sono illustrate anche le leggi razziali introdotte in Germania dopo l'ascesa al potere di Hitler.

Risultati immagini per le leggi razziali 19 aprile 1937
Ho scelto di inserire proprio oggi, 19 aprile 2017 questo post, perché in questa data, giusto 80 anni fa, il 19 aprile 1937 l'Italia fascista inaugurò con la legislazione razziale rivolta alle colonie eritrea, somala ed etiope (contro il cosiddetto madamismo o madamato) la tragica serie delle leggi razziali.
Con il regio decreto legge n. 880 del 1937, l’Italia vara la prima legge di tutela della razza, rivolta in particolare agli italiani che vivevano nelle colonie africane. La legge, composta da un unico articolo, vieta i matrimoni misti e il cosiddetto madamismo o madamato, cioè il concubinaggio con donne africane. Il decreto punisce, con la reclusione da 1 a 5 anni di carcere, gli italiani che si macchiano del delitto biologico di «inquinare la razza» e del delitto morale di «elevare» l'indigena al proprio livello, perdendo così il prestigio che gli deriva dall'appartenenza alla «razza superiore».
SN



http://www.raistoria.rai.it/articoli/la-prima-legge-razziale-italiana/12771/default.aspx


martedì 11 aprile 2017

Seconda guerra mondiale. I grandi discorsi di guerra: stati totalitari e stati democratici a confronto


Cari ragazzi delle quinte

in questa trasmissione della Rai (RAI storia) sono ricordati e commentati i grandi discorsi dei capi di Stato e di governo protagonisti della Seconda guerra mondiale. Tra gli altri, il discorso di Hitler al Reichstag del 1 settembre 1939, quello di Churchill alla Camera dei Comuni e quello di Mussolini a Piazza Venezia il 10 giugno 1940.

http://www.raiplay.it/video/2016/11/I-grandi-discorsi-della-storia-I-discorsi-di-Guerra-73b6dc84-dd5c-460d-96f8-c0ad4f768b91.html

SN


Risultati immagini per la dichiarazione 10 giugno 1940

Risultati immagini per churchill war rooms

giovedì 30 marzo 2017

Svevo, Le influenze esercitate da scrittori e filosofi sull'autore della Coscienza di Zeno

Cari ragazzi delle classi V

stiamo affrontando in questi giorni lo studio della figura di Italo Svevo. Ho già pubblicato un post, il 19 febbraio 2015, dal quale si possono trarre delle informazioni utili. La visione dei filmati è consigliata soprattutto agli alunni che non sono stati presenti a lezione.

Per studiare le influenze di filosofi e scrittori sul pensiero di Svevo, consiglio di seguire il link su youtube dove un professore  ha sintetizzato in modo mirabile queste influenze

S.N.

https://www.youtube.com/watch?v=FlzI22XI9o4


Risultati immagini per svevo la coscienza di zeno


Dopo aver ascoltato, potete leggere le brevi note si sintesi, qui di seguito pubblicate